1-Frodi alimentari

Frode nelle pubbliche forniture e responsabilità 231 dell’impresa alimentare

Con il recepimento della cosiddetta Direttiva PIF (direttiva UE 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale), il legislatore italiano ha inserito nel catalogo dei reati presupposto per la responsabilità 231 dell’ente il delitto di frode nelle pubbliche forniture.

Analizziamo il tema dal punto di vista dell’impresa alimentare.

Indice articolo

  1. Modifiche al D. Lgs. n. 231/2001 in attuazione della Direttiva PIF
  2. Sul concetto di frode nel delitto di frode nelle pubbliche forniture: orientamenti
  3. Applicazione pratica nel comparto alimentare: casistica più frequente

1. Modifiche al D. Lgs. n. 231/2001 in attuazione della Direttiva PIF

Il 15 luglio dello scorso anno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 75, adottato in attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (cosiddetta Direttiva PIF). L’art. 5 del Decreto legislativo di recepimento ha introdotto rilevanti modifiche in materia di responsabilità da reato dei soggetti collettivi (D. lgs. 8 giugno 2001, n. 231) ed ha ampliato il catalogo dei reati c.d. presupposto della responsabilità dell’ente, tra cui figurano ora, i reati tributari (commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro), gli illeciti penali in materia di contrabbando, la frode in agricoltura e la frode nelle pubbliche forniture.

Quest’ultima figura delittuosa, disciplinata all’art. 356 del Codice penale italiano, può essere commessa da un privato che abbia in essere un rapporto contrattuale con la Pubblica Amministrazione (per questo motivo, si suole parlare di reato proprio).

La norma incriminatrice punisce la commissione di frode nella esecuzione di contratti di fornitura o nell’adempimento degli obblighi contrattuali scaturenti da obbligazioni negoziali conclusi con lo Stato, con altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità.

Ma cosa vuol dire “commettere frode”?

Vediamolo.

2. Sul concetto di frode nel delitto di frode nelle pubbliche forniture: orientamenti

Quando si ha a che fare con disposizioni di legge di natura penale, è essenziale riuscire ad interpretare le parole utilizzate dal legislatore e comprendere la ragione dell’esistenza di una determinata fattispecie punitiva, al fine di distinguere i fatti penalmente rilevanti (illeciti) da quelli che non lo sono (fatti non illeciti) o che ricadono sotto la sfera applicativa di altre figure sanzionatorie.

Con riferimento specifico al delitto di frode nelle pubbliche forniture, possiamo anzitutto partire da due considerazioni:

  1. “commettere frode” nell’esecuzione di un contratto con l’Ente pubblico (art. 356 c.p.) vuol dire qualcosa in più di non rispettare, scientemente, gli accordi presi per via contrattuale. Difatti, il Codice penale contiene anche la previsione del reato, meno grave, dell’inadempimento doloso del contratto (art. 355 c.p.), che non determina la responsabilità amministrativa dell’ente;
  2. Il delitto di cui all’art. 356 c.p. non richiede la presenza di “artifici e raggiri”, come invece prevede il delitto di truffa.

Il fulcro del reato di frode nelle pubbliche forniture, come il suo disvalore, ruota, dunque, attorno al concetto stesso di “frode”, sul quale, tuttavia, si annoverano in giurisprudenza due distinti orientamenti.

Secondo un primo indirizzo, rientrerebbero nel concetto di “frode” tutte le condotte che, nei rapporti con la P.A., violano il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.); pertanto, costituirebbero reato (e illecito 231 per l’ente) tutte le violazioni contrattuali determinate con la consapevolezza di consegnare cose in tutto od in parte difformi (per origine, provenienza, qualità o quantità) in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo.

Un secondo filone interpretativo, a mio parere più coerente col dato normativo, ritiene che sia necessaria, per commettere frode, la malafede contrattuale, intesa come espediente malizioso o ingannatorio, tale da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.

Occorrerebbe, in altri termini, la creazione, da parte della parte contrattuale privata, di una situazione di “apparenza ingannatoria” ai danni della pubblica amministrazione, una condotta dissimulatoria dell’inadempimento stesso.

Del resto, è proprio il concetto di “frode” che evoca in sé l’idea dell’inganno.

In quali casi si configura il reato nel comparto alimentare?

3. Applicazione pratica nel comparto alimentare: casistica più frequente

La casistica più frequente concernente frode nelle pubbliche forniture nel comparto alimentare è costituita da fattispecie in cui l’impresa alimentare risulti, a titolo esemplificativo, aggiudicataria di un appalto per il servizio di refezione scolastica o di mensa ospedaliera.

Sembra doveroso precisare che, nell’ambito del settore alimentare, la giurisprudenza maggioritaria pare preferire il primo dei due orientamenti di cui abbiamo parlato sopra, che senza dubbio risulta più rigoroso; questo comporta che il più delle volte il reato viene ritenuto sussistente per il “semplice” fatto di aver violato il capitolato di appalto relativo alla fornitura di preparazioni alimentari per la mensa, mediante impiego di un alimento per origine e provenienza diverso e meno pregiato di quello previsto nel capitolato stesso. Condotta che può agevolmente tradursi, quanto alla impresa alimentare, come il frutto di una precisa scelta aziendale volta al contenimento dei costi a scapito della qualità della fornitura resa.

A ciò va aggiunto che qualora l’inadempimento riguardi contratti di somministrazione di beni o servizi e si realizzi attraverso una pluralità di atti, secondo i giudici di legittimità non sarebbe neppure applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (’art. 131-bis c.p.), anche se ciascuna singola azione od omissione sia considerabile non grave, in quanto la condotta illecita diventerebbe abituale (da ultimo: Cassazione penale sez. VI, n. 12073/2020).

Attenzione, dunque, al rispetto degli impegni assunti e all’adozione di misure organizzative volte a garantire (e a verificare) la corrispondenza delle forniture col dato contrattuale, non essendo richiesta, ai fini del reato, la causazione di un danno per l’ente pubblico.

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